#la strana coppia
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La Strana Coppia | Radio Bruno
Siete orfani, come me, di Gettonatevi? C'è lo strapeggio in streaming qui!
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La strana coppia, Xi Jinping e Vladimir Putin a Mosca
Il presidente cinese visita il suo omologo russo in un viaggio per rinsaldare i rapporti fra i due paesi
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Undo (1994) Shunji Iwai
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Sanremo Omegaverse raga scusatemi
Alessandra Sanremoso - omega nulla da fare
Alfa - omega raga non potete dire nulla.
Angelina Mango - alfa
Annalisa - alfa ti prEGO PER FAVORE
Big Mama - omega
Bnkr44 - raga non lo so mi ricordano me al liceo sono una banda un po' strana
Clara - beta nn so rick....
Dargen D'Amico - beta
Diodato - omega
Emma - alfa
Fiorella Mannoia - alfa
Fred de Palma - beta che fa finta di essere alfa
Gazzelle - omega
Geolier - alfa
Ghali - alfa
Il Tre - super omega inutile dirlo
Il Volo - tre alfa (derogatory) della peggior specie
Irama - omega ma la sua fanbase non ci crede
La Sad - i due ultratrentenni sono alfa, il diciannovenne invece è omega e la situazione ha del creepy
Loredana Bertè - alfa regina buh non so
Mahmood - omega
Maninni - super omega
Mr. Rain - omega
Negramaro - gli altri non so ma sangiorgi ha troppo ego per poter essere qualcosa di diverso da alfa
Renga Nek - nek é l'omega della coppia
Ricchi e Poveri - entrambi beta
Rose Villain - alfa raga ma l'avete vista
Sangiovanni - omega finché non arriva la twink death
Santi Francesi - uno alfa l'altro omega a voi la scelta di quale
The Kolors - non lo so raga troppo etero
BONUS:
Amadeus - omega che non vorrebbe esserlo
Fiorello - alfa
Marco Mengoni - alfa
Giorgia - beta che viva la sua vita perfettamente
Scusate raga.
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LAST CHAPTER OF THE FRUKTOBER 2024!! Thank to all the people who have read the chapters <3
THIS CHAPTER IS INSPIRED BY @ellmovy 'S FANART!!
"Le bugie hanno un cappello a punta e le orecchie da gatto"
Arthur si mise subito all’opera, mischiando ciò che aveva reperito nel calderone e pronunciando una formula che non aveva alcun senso. Francis tuttavia lo guardava seduto sul tavolo alle sue spalle in silenzio, interessato. Ovviamente, quando ebbe finito, non accadde nulla. Arthur aggrottò le folte sopracciglia, confuso. - Non capisco, dovrebbe funzionare! Francis invece capiva eccome, ma provava una strana sensazione nel vedere la delusione sul volto di Arthur. - Forse stai sbagliando qualcosa. Perché non riprovi? - gli suggerì.
Chapters: 31/31 "Halloween" Fandom: Hetalia (Anime & Manga) Rating: Mature Warnings: Graphic Depictions Of Violence Relationships: England/France (Hetalia) Characters: France (Hetalia), England (Hetalia) Additional Tags: One Shot Collection, One Shot, Hurt/Comfort, Angst, Romance, I've never participated to these kinds of challenges before help, I love FrUk Summary:
Una raccolta di one-shot scritte per l'evento FrUK-tober2024 organizzato da @imgigglesita su Tumblr (https://www.tumblr.com/imgigglesita) incentrate esclusivamente sulla coppia FrUK! A ogni giorno di ottobre il suo capitolo corrispondente. Non è necessario leggerli in ordine, trovate i titoli dei capitoli nell'elenco per leggere quelli che vi interessano di più. [Coppia principale: FrUK. Altre coppie che potrebbero comparire nei prossimi capitoli: Spamano, Gerita, USUK, altre] !!! Maybe I'll translate these one-shots in English but I still don't know !!!
Efp Fanfiction:
#fruktober2024#hetalia#hetalia fandom#hetalia fanfiction#hetalia fanart#hetalia axis powers#axis powers hetalia#axis powers ヘタリア#aph france#aph england#fruk#francis bonnefoy#arthur kirkland#hws france#hws england#halloween#hetaween#hetaween 2024
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Ancora Alberi. 889. La strana coppia. Una Palma californiana e un Cedro dell'Himalaya
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NON IL SOLITO POST SU GIORGIA SOLERI E I GATTI
Lo sapete tutti o quasi, volenti o nolenti.
Damiano David, il frontman dei Maneskin, e Giorgia Soleri sono una ex coppia. Tra loro è finita.
Ieri Repubblica (ma non solo Repubblica) ha dedicato spazio alle dichiarazioni di Giorgia Soleri che ha detto: «I gatti restano con me. Damiano può venirli a trovare quando vuole».
Com'era prevedibile, l'articolo è stato commentato in miliardi di post.
Il solito post su questa notizia è un breve testo che tenta di recuperare nozioni astronomiche.
Nel solito post, che ho letto in mille varianti, c'è uno sforzo creativo per far immaginare distanze siderali, persino mediante l'uso di termini come "anni luce, parsec, megaparsec, ecc", per descrivere l'ordine di grandezza della «vastità del cazzo che me ne frega di questa notizia».
Io in realtà sono contento per i gatti, lo ammetto. Amo i gatti e la loro sorte non mi è mai indifferente. Ma è anche vero che l'entità del mio interesse per la notizia è meno interessante della notizia. E infatti non è di questo che voglio parlare.
Voglio parlare di un'altra cosa.
C'è una parola strana nell'articolo di Repubblica. Sotto il titolo ho letto: «L’attivista risponde alle curiosità dei fan su coppia aperta e gelosia. Ma soprattutto rassicura tutti sulla sorte dei due felini che l’ex coppia aveva adottato». La parola strana è "rassicura", che per me non è stata scelta a caso.
La parola "rassicura" è percepita dalla maggioranza delle persone come una cosa assurda e chi ha scritto quelle due righe sotto il titolo lo sa bene. È assurda perché drammatizza il post in maniera grottesca. Fa immaginare moltitudini che avevano smesso di mangiare per la preoccupazione. È fatta apposta per suscitare rabbia e commenti a metà strada tra ironia e indignazione, per generare la voglia di fare a pezzi l'idea di un mondo che non poteva andare avanti senza questa notizia.
I commenti negativi Repubblica li ha cercati, non solo con quel termine. Tutto il tono dell'articolo vuole ottenere questo risultato. La parola "rassicura" è solo uno dei tanti indizi rivelatori. Persino il periodo in cui è uscita la notizia va in questa direzione. Proprio mentre assistiamo a sconvolgimenti geopolitici che rendono incerta la situazione mondiale in uno scenario di guerra, Repubblica dice di voler "rassicurare" tutti sulla sorte dei gatti di Giorgia Soleri e Damiano David.
Non è comicità involontaria. I commenti arrabbiati o ironici della gente sono stati intenzionalmente cercati perché si tratta pur sempre di interazioni.
Le interazioni gonfiano i parametri degli algoritmi che fanno circolare i post.
La visibilità di un post si nutre anche della rabbia di chi lo diffonde per criticarlo. Repubblica voleva che tanta gente si incazzasse, che riempisse il web di "chi diavolo è Giorgia Soleri?". Repubblica voleva che la gente ci raccontasse la vastità del suo disinteresse, che facesse parallelismi tra questo fatto e la gravità delle cose che stanno succedendo nel mondo, che si arrabbiasse persino con i gatti.
È un giornalismo in cui i contenuti non contano più. Conta la capacità di generare automatismi emotivi per ingraziarsi gli algoritmi di visibilità dei social network. E tutto questo fa abbastanza schifo.
[L'Ideota]
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Cinque di Denari
"L'Essere Umano di fronte allo specchio".
E' stata una traversata molto densa e faticosa.
Ce ne saranno altre.
Ma questa ce la ricorderemo forse come la più "strana", la più "enigmatica".
Nonostante si sia sentita prevalentemente nell'aspetto neurovegetativo e nonostante le condizioni di profonda trasmutazione colpissero la parte organica, qualcosa è cambiato anche a livello di "connessione".
Non siamo più gli stessi. Nuovamente.
Eccoci di fronte ad un'ennesima "versione rivisitata" della nostra identità terrestre.
Questo sconvolgente periodo ci sta trasformando pezzo per pezzo, senza che neppure possiamo fino in fondo coglierne i singoli passaggi, con un continuum di esperienza sensoriale che non ha paragoni.
Gran parte del lavoro che stiamo percependo a livello interiore, va a toccare i nodi degli automatismi del Passato, alla scoperta di ciò che li innesca, ciò che li rende vulnerabili a determinate stimolazioni ambientali.
Questo non è un tempo "buono" per "abbandonarsi alle nuove relazioni d'amore" per chi ha ancora tanto da ripulire nelle zone della Dipendenza e della Mancanza.
Non perché non ci sia "in potenza" la possibilità di esprimere un sottofondo musicale "nuovo". Ma perché è come se si stessero ancora assestando le corde di uno strumento e non si fossero ancora completate le operazioni di messa in sicurezza e di tensione delle stesse.
Il suono potrebbe uscire ancora piuttosto alterato e stonato, ben al di sotto delle potenzialità dello strumento stesso.
Per alcuni la fase di "luna di miele" nelle neo-relazioni, altresì detta "innamoramento", è un'apparentemente conferma della bontà della nuova struttura. Ma non così.
L'aspetto fusionale dell'innamoramento per chi ha sofferto di dipendenza affettiva o di altri deficit emotivi, rispecchia la fase in cui si materializzano le idealizzazioni, le illusioni, le credenze, le future giustificazioni al legame.
E' una realtà distopica dell'Amore.
Passarci attraverso senza lucidità, senza ancoramento, senza consapevolezza è davvero complesso e fuorviante.
Per molti sembrerà eccessivo porsi così tanti "paletti" di protezione intorno all'Amore.
Ma chi ha vissuto l'esperienza umana della "disregolazione del controllo" e della "manipolazione silente", sa cosa significa il "gancio emozionale".
E ne riconosce l'aspetto altamente inquinante e debilitante.
Pochi esseri umani "amano veramente" o sanno davvero cos'è l'Amore su questo piano terrestre.
Lo cercano disperatamente.
Ma non sono consapevoli nemmeno che le loro scarpe sono strette e infangate e che il loro Cuore è chiuso e ferito. Che sono ancora intossicati dalla paura dell'abbandono, dalla vendetta sopita, dalla rabbia mai espressa, dal bisogno compulsivo di trattenere, dalla manipolazione emotiva e affettiva, dal bisogno costante di riconoscimento e attenzioni.
Si possono contare sulle dita della mano le "coppie sacre" che consapevolmente stanno viaggiando insieme nella "lucidità" e nella "presenza". Sia dal punto di vista della Connessione, che del Radicamento. Che continuano a lavorare sull'aspetto umano della responsabilità, monitorando, condividendo e riaffermando con onestà le "condizioni di scambio reciproco".
Il resto è "schema antico".
E' frutto di millenni di distorsione, di eredità traumatica collettiva ed individuale, cristallizzati in ogni cellula del nostro Corpo.
Stiamo spurgando, è vero.
Ma ci vuole tempo e pazienza.
Non serve avere fretta di rientrare nella "dimensione di coppia".
Si può viaggiare "soli" per lunghi periodi. Si può scegliere di sperimentare la relazione d'Amore con noi stessi e scoprire con grande stupore quante volte riusciamo ad essere "tossici" e manipolatori anche nei nostri stessi confronti.
Non è da biasimare chi non riesce a staccarsi dall' "oggetto affettivo".
E' importante però che sappia che quello non è Amore. E' attaccamento patologico.
E ne soffriamo in tanti.
Solo che prima non lo sapevamo.
Perché solo ora l'Essere Umano "vede" per la prima volta. Tutto. Tutto il male che si è tramandato di generazione in generazione. Tutti gli insegnamenti distorti, le assenze, le ambivalenze, le manipolazioni, le "finte cure".
E può riabilitare.
Con sofferenza, fatica, sforzo. Se non è già "troppo tardi".
Ma un tentativo va fatto. Anzi due. Pure tre. Anche tutta la vita.
Perché la "disabilità emotiva" è molto più feroce di quella fisica.
Perché "Amare" è l'Essenza di chi siamo.
E l'Impotenza il suo esatto opposto.
Buon rilascio oggi. Si respira meglio. Ma è una tregua. Poi ci sarà il grande boato. E lì bisogna essere lucidi e presenti. Ma intanto...
Mirtilla Esmeralda
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Retrospettiva rurale e avanguardia Uzbeka. O viceversa.
C'era una volta in Uzbekistan una strana coppia, arrivata in Lambretta in abiti anni '50, dritta dritta per limonare duro in una cabina telefonica, facente parte della sceneggiatura di una retrospettiva cinematografica che nemmeno nei cineforum impegnati degli anni '70 se ne erano viste.
Qualcuno, mentendo solo per prendere le distanze, dice che fosse Uzbekistan proprio, altri narrano che l'Uzbekistan fosse in realtà un'area rurale come ce ne sono tante, ancora, nascoste tra beate e pie vergini che amavano invano le minchie e navigli caldi, placidi, secchi ed odorosi.
Un'area ferma nel tempo, sudata che infoia, tettuta e color paglia.
È lì che giace immemore, Sborrate sul Ticino, dove nasce la storia di un avanguardismo di retrospezione rurale, che all'osteria-bar-tabacchi ancora oggi il pescatore dice d'essersela fottuta, la rossa. Ma tutti lo sanno che la chiazza sui suoi pantaloni era piscio e non succo di gnocca.
(Sovracoperta, prima edizione in divenire).
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Promisi a me stessa che non sarei mai diventata una compagna infelice.
O meglio, non lo sarei più stata.
Non avrei mai più fatto coppia con una persona che chiunque, a guardarci, si sarebbe chiesto per quale strana ragione non ci fossimo ancora lasciati.
Promisi a me stessa che non sarei mai più stata con una persona di cui mi sarei lamentata in mensa con le colleghe, che mi facesse saltare i nervi molto più spesso di quanto me li distendesse.
Decisi che non avrei mai più sottovalutato l’intesa e il desiderio fisico e non avrei mai più ignorato l’affievolirsi di esso.
Che non avrei mai più provato a costruire nulla con chi mi facesse sentire sola nonostante dormisse a 50 centimetri da me.
Che non avrei mai più giustificato nessuno che provasse a sminuirmi.
Promisi a me stessa che non mi sarei mai più accontentata, non in amore.
Che se mai avessi scelto un compagno l’avrei “preteso” perfetto per me.
E per “perfetto” non intendo privo di difetti, nessuno lo è, bensì qualcuno i cui difetti non mi arrecassero fastidio, non li leggessi come una continua mancanza di rispetto, non intaccassero la mia morale e i miei principi.
Qualcuno di cui riuscissi a sopportare i difetti con tutta la pacatezza e la leggerezza del caso.
Decisi che se avessi avuto un compagno accanto sarebbe dovuta essere una persona con cui poter essere schifosamente me stessa.
Qualcuno con cui potermi sentire stanca, sfinita, qualcuno a cui poter dire che non ce la faccio più e scoppiare in lacrime, a cui poter dire tutte le mie verità nascoste che non avevo mai avuto il coraggio di dire a nessun altro.
Qualcuno a cui non fosse necessario chiedere un abbraccio perché lo avrebbe capito da sola e avrebbe anticipato la mia richiesta stringendomi forte.
Qualcuno che non mi facesse venire l'ansia "da depilazione" perché mi sarebbe saltato addosso in qualunque condizione, incapace di resistere all'odore della mia pelle.
Qualcuno che avrebbe ascoltato tutte le mie polemiche sterili, i miei lamenti, i miei sfoghi. Qualcuno capace di prendersi in giro e capace di prendere in giro me facendomi ridere.
Qualcuno a cui poter confidare i pensieri peggiori, i più cattivi, tutti quei "so che non é bello quello che sto per dire", così come anche i desideri più perversi e le voglie più illogiche.
Qualcuno che avrei avuto voglia di guardare e ascoltare continuamente, di cui avrei sentito la mancanza viscerale dopo qualche tempo senza vederlo.
Qualcuno di cui avrei avuto sete.
Qualcuno capace di incuriosirmi e di farmi entrare nel suo mondo.
Presi consapevolezza del fatto che la possibilità di rimanere per sempre sola era concretamente tangibile ma decisi che questo non era importante. Che se fossero state rose, sarebbero fiorite. Perché capii che sono la prima alleata di me stessa e che per avere il meglio devo pretendere il meglio.
Promisi a me stessa che avrei affrontato le relazioni in maniera estremamente semplice, che non mi sarei mai più accontentata di un amore mediocre.
Perché a costringerci a situazioni mediocri ci pensa già troppo spesso la vita.
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di Pierpaolo Mandetta:
Oggi voglio parlare di un tema importante che riguarda migliaia di donne (ma anche uomini) che stanno male, ma che per la nostra società è ancora ritenuto un disagio di poco conto, da sopportare.
Il carico mentale.
Poche ore fa sono rimasto chiuso fuori casa.
Non mi era mai successo. Sono tornato dal podere, ho svuotato una scatola di fagioli in un cuonzo, un filo d’olio e ho pranzato come un operaio russo dell’80. Poi ho lavato i piatti di due giorni, ho messo a posto i sacchi della spazzatura da portare fuori stasera, mi sono rivestito e sono uscito meccanicamente di casa per tornare al podere. E zac. Cazzo! Avevo lasciato le chiavi dentro.
Proprio oggi che Max è a Milano per lavoro, quindi non avevo neanche le sue.
Io, che sono quello precisino, scrupoloso e concentrato. Com’è potuto succedere?
Per fortuna il proprietario di casa aveva una copia delle chiavi, e quindi il lieto fine è arrivato. Però in quel momento, lì davanti alla porta chiusa, sulle scale, ho esitato. Mi tremavano le mani, e sentivo come se la mia testa si potesse frantumare perché troppo piena. Sentivo che avrei potuto piangere e gridare fino a graffiarmi ma gola, una reazione esagerata per un episodio così banale. E allora ho avuto un crollo. Il bisogno che tutto il corpo cadesse a terra come una camicia, ma fatta di cemento. Una camicia estenuante. E ho pensato “adesso preparo una valigia e me ne vado”. Ve lo giuro, è stato il mio primo istinto. E ho capito così di essere al limite. Mentalmente.
Al limite del carico mentale, della malattia del multitasking, del peso delle responsabilità che affligge spesso un componente della coppia, soprattutto la donna. E stanco di quanto il problema sia ancora ritenuto una lamentela di chi non è disposto a sacrificarsi abbastanza, come se i sacrifici fossero una bella cosa. Un capriccio, come spesso succede per i disagi psicologici.
Chi esprime sofferenza viene preso in giro. E uomini e donne parlano ancora delle casalinghe come di gente che in fin dei conti “non fa un cazzo”. Bella vita, beata lei, fortunata a stare in casa.
Ma andiamo con ordine.
Avete presente che nei paesini si narrano quei pettegolezzi della serie “un giorno è uscita pazza e ha lasciato il marito”? Oppure “ha mollato la famiglia ed è scappata con uno. Ha abbandonato i figli!”. O ancora “non si sa perché, non vuole più parlare con nessuno, si è trasferita”.
In queste storie, “lei” è sempre descritta come una donna che fino a un certo punto si è comportata con dedizione, apparente spensieratezza, e regolarità. Una donna regolare, che fa le stesse cose ogni giorno senza proteste, anzi con piacere. E che poi una mattina ha avuto un corto circuito.
La pazza del villaggio. La divorziata. La strana. La stronza ribelle.
Punto. Lei non è una persona, è un dovere che non segue più il suo copione. Nessuno si chiede cosa abbia scatenato simili reazioni, perché non ci sono motivi che scusino l’aver lasciato il proprio ruolo di moglie o madre.
Eppure è possibile che dietro quel gesto di follia ci sia semplicemente un accumulo di stress divenuto insopportabile. E che quella che sembra una fuga sia in realtà una salvezza.
Le donne che “scappano” da una condizione ingestibile sono donne che si mettono in salvo. E uno dall’esterno penserà ma come, e i figli? Se ami tuo marito, non te ne vai. Se vuoi bene ai tuoi figli, non puoi lasciarli. Ma è una stronzata retorica. Quando lo stress, la disperazione, il senso di soffocamento diventano massimi, può subentrare la depressione, o problemi mentali più feroci. Possono succedere le tragedie che vediamo al tg. Dimenticare un figlio in auto, posare distrattamente la candeggina nel frigo. E allora, preferire la propria salute all’infelicità momentanea della famiglia diventa un atto di coraggio, di amore per se stessi.
Vuol dire mettersi in salvo.
Ma da dove viene il carico mentale?
Per la nostra orribile cultura, la donna nasce casalinga. E ricordiamo ai gentili spettatori che le faccende di casa sono un lavoro. Fisico, mentale, che richiede ore. Come un qualsiasi altro mestiere, ma questo non è retribuito.
Con l’avanzare dei diritti e dell’emancipazione, la donna non si è equiparata all’uomo, ma ha solo aggiunto più doveri: oltre a quello della famiglia, anche il lavoro. Mentre l’uomo, in una società maschilista, restava al suo posto.
L’uomo lavora e porta a casa i soldi, e non ha alcuna aspettativa sociale da soddisfare oltre a questo ruolo. Sì, deve inseminare la moglie, ma poi finisce lì, visto che il mondo si aspetta comunque che a crescere i figli sia lei. La donna, invece, deve essere moglie, madre, una brava domestica, e in più coniugare un lavoro pagato per contribuire alle spese.
Eppure è il 2023. Si parla di femminismo, Netflix propone mille titoli sull’abbattimento degli stereotipi, e i giovani d’oggi sembrano così sensibili. Allora perché lo stress mentale colpisce molte donne?
È semplice: perché siamo tutti figli di quel modello familiare, ancora attuale. Di mia madre, di mia nonna, delle nostre madri. Che hanno sofferto, hanno sacrificato tutto il loro tempo, hanno gestito ruoli che dovevano invece essere condivisi, e infine ci hanno trasmesso quell’educazione. Perciò, molti bambini hanno appreso che le donne soddisfano i bisogni, e molte bambine hanno imparato che dovranno occuparsi di svariati compiti senza fiatare. E questo insegnamento ha radicato nei nostri sentimenti, nei sensi di colpa, nelle frustrazioni, nelle aspettative degli adulti che siamo oggi, nella comunicazione politica, nei cartoni animati, nei luoghi comuni. Formando nuove relazioni, nuovi matrimoni, che sono freschi all’apparenza ma antichi nelle dinamiche.
Adesso sarebbe ingiusto parlare direttamente dell’uomo che amo, come fosse un imputato. Quindi alleggerisco il discorso e invento una storia.
Mio marito si chiama Matteo. È l’uomo migliore che potessi aspettarmi in una società così complessa ed egocentrica. Lui è uno degli ultimi romantici, è fedele, è molto sincero. Un compagno di vita.
Però è un uomo. E forse è stato un bambino che ha vissuto i modelli genitoriali in quel modo lì, che uno lavora soltanto e l’altra lavora e pulisce casa.
A questo punto tutti ci facciamo una domanda ovvia: conosciamo bene i nostri fidanzati, i nostri mariti. Sappiamo chi sono, prima di andare a vivere insieme. Come e cosa pensano. Allora come cazzo si fa a partire con una relazione splendida e a finire per interpretare i tristi ruoli di mamma e papà, se ci siamo ripromessi di non farlo?
Io penso che sia colpa dell’educazione, perché ciò che assorbiamo da piccoli emergerà solo quando ci ritroveremo nelle dinamiche di coppia della casa, rievocando quella in cui siamo cresciuti.
Succede per caso. Con piccoli eventi innocui. Per esempio, a me piaceva tanto cucinare per lui. Era uno stereotipo, quello della mogliettina, ma uno dei due doveva pur farlo, e per me era una forma d’amore. Solo che poi cucini oggi, cucini domani, e ti ritrovi incastrato nell’obbligo di farlo. E non farlo ti fa sentire in colpa. E poi c’è lui, che lo fa poco, perciò quando glielo chiedi non si tira indietro, ma per cucinare ti mette la cucina sottosopra. Perché tu hai il tuo metodo rodato, sai che poi dovrai lavare, e allora cerchi di usare meno pentole, di stare attento alle macchie, di abbassare la fiamma per consumare meno, magari sciacqui subito lo scolapasta così l’amido non si incrosta. E allora lui cucina entusiasta, e dopo è un macello, quindi gli suggerisci di stare attento al gas, di non versare l’acqua sul piano cottura, di sciacquare le latte del sugo altrimenti puzzano, e lui si snerva perché si sente rimproverato e odia prendere ordini. Lui ha il suo metodo.
Ed è così che brevetta il suo nuovo modo per fare sempre le cose alla cazzo di cane. Il suo metodo.
Be’, anche io ho il mio. Chi stabilisce quale sia giusto? Eh…
Così, se lasciarlo cucinare vuol dire il doppio del lavoro poi per rimettere a posto, inizi a dire vabe’, lascia stare amore, faccio io.
E quello è l’inizio della fine. Faccio io.
Chi lo diceva? Sì, mia madre. Anche tua madre, tu, che leggi. Faccio io. Lo so che lo diceva. Faccio io vuol dire da qui in avanti non preoccuparti più.
E così, da un gesto d’amore, si passa a un compito. Io divento più zelante nelle faccende domestiche, lui più spensierato. Si accomoda l’idea che preparare la cena sia il mio rituale. Di rado mi chiede se deve pensarci lui, quando mi vede molto stanco. Ma non si abbasserà mai a seguire i miei consigli, perché si sentirebbe umiliato. Perciò macchia il pavimento, il sale finisce sotto il mobile, pentole ovunque, ditate di olio.
Nell’arrabbiarmi mi sento mia madre. In che modo assomiglio a lei? Nello stesso modo in cui lui si comporta da adolescente. Se dopo avermi inchiavicato la cucina, lava anche i piatti, allora è il mio compagno. Ma se fa “a modo suo” e mi lascia quaranta pentole sporche, allora è mio figlio.
Con questa dinamica di compagno/figlio, tutto va a puttane.
Se la casa è sporca e va pulita, lui dice ma sì, che fa, riposati, ci pensi un altro giorno. Non è che dice amore, ci penso io. No. Te la risolve dicendo che quel bisogno non esiste. Quindi si sottrae a un dovere. E allora pulisco casa come sempre, ma con quel tocco di rancore e veleno che mi intossica la giornata.
Ogni tanto lui passa pure l’aspirapolvere, ma senza tralasciare il brevetto “a modo mio”. Che vai a guardare e la zozzima sta lì, bella evidente. E di nuovo non gli posso dire nulla, se no litighiamo e lo stresso e lo esaspero e non sono mai grato.
Quindi cucino. E pulisco casa. E la spesa. Perché se cucini, sai ciò che manca. Altrimenti non lo sai.
Poi c’è il bonus: fare una spesa decente, pensando a un’alimentazione sana, alle verdure, al variare coi pasti. Questo qui è un pensiero che dall’esterno sembra una sciocchezza, invece è carico mentale. Vuol dire programmare ogni cazzo di giorno della settimana in un colpo solo, pensando a cosa cucinare oggi, domani e così via, sapendo di dover variare tra carne, legumi, pasta, verdure. Spazi mentali.
Come la risolve lui? “Amore, che devo prendere?”. E io gli devo scrivere la lista. Questo vuol dire che non alleggerisce la mia mente, ma mi libera solo dell’azione di fare la spesa, lasciandola comunque un mio problema. Grazie al cazzo.
Quando invece fa la spesa senza avvertire, soddisfa più che altro le sue voglie. Se ha voglia di uova al sugo, compra la salsa, e magari venti cioccolate alle nocciole per dopo cena. Stop.
Poi ci sono le bollette. L’affitto. La lettiera dei gatti, il veterinario, le pipette. Le visite mediche per noi, che prenoto io. Lui invece non ha problemi a filare in farmacia. Adora acquistare subito le medicine, perché non deve soffrire di mal di testa neanche per cinque minuti. Poi le posa sul comodino, assieme a tutte le altre. Io ho organizzato due cassetti per i farmaci, ma lo trova scomodo. Preferisce averli tutti spalmati lì dove può vederli, tra la polvere e le monete da venti centesimi, per mesi. Anche se il prossimo Moment lo prenderà l’anno prossimo, quando si accorgerà che è scaduto e allora andrà a prendere altri farmaci, che di nuovo getterà sul comodino assieme a quelli scaduti.
Se glielo faccio notare, si altera come io facevo con mia madre a sedici anni. È il suo modo di tenere in ordine e non devo rompere il cazzo. Per il resto, ci penserà domani.
Una volta litigammo per la spazzatura. In realtà tante volte. Succede quando io esterno stanchezza. Gli dico che non ce faccio più, e allora lui, per senso di colpa, reagisce con rabbia e stabilisce “bene! Da domani penso io alla spazzatura!”. L’eroe che salva il mondo, la grande impresa. Che invece dovrebbe essere una naturale divisione dei compiti.
E ovviamente dopo tre giorni si è già rotto il cazzo di ricordarsi quand’è che si butta la plastica e quando l’organico. Perché questo è un carico mentale, non è molto piacevole. E così ritorno al mio corso, a tenere a mente che di lunedì c’è la plastica.
Piccola nota buffa. A lui piacciono le bevande in vetro. Solo che il vetro, a differenza della plastica, va portato di sotto, nel secchio. Invece il principino si scola le sue fottute gassose e lascia le bottiglie lì, tutte carine e allineate, accanto al forno. I suoi trofei. Non scende a buttarle manco se questo potrebbe determinare la pace in Ucraina. Tra mille anni, gli alieni le troverebbero lì, impolverate, il nostro cazzo di reperto archeologico, tutte le sue bottiglie di gassosa.
C’è un aspetto, tra tutti, che si adopera per consolidare questi ruoli tra noi. I doveri, i rancori e libertà di non preoccuparsi. Ed è il retaggio antico del chi porta i soldi a casa.
Nel nostro caso, lui è quello stipendiato. Qualcuno, alla fine del mese, gli dà del denaro e certifica dunque il suo lavoro. Lo rende reale, tangibile.
Nessuno lo fa con me. Significa che tutti i lavori mentali e fisici dentro e fuori casa non esistono. Ed è così che diventano dovuti. Diventano assodati. Diventa impossibile lamentarsene. Non è qualcosa che puoi togliere, sono le basi. Puoi solo aggiungere. E io faccio anche quello.
Mi occupo del podere. Ma come, e lui non se ne occupa? Ma certo. Ma qui si tratta di carico mentale. Che non si limita al fare, all’agire. Si tratta di pensare, di occupare uno spazio della mente per un’ansia, una data, un problema, un’urgenza, una telefonata, un dettaglio.
Programmo le potature, i trattamenti, tutte le migliorie del pollaio e della tenuta. Nuovi spazi, aiuole, alberi. Nuove idee per l’ospitalità. Ma mi preoccupo pure di quel tubo che perde, la rete rotta da cui possono entrare le volpi, gli afidi sul limone, lì ci vorrebbe una panchina, lì c’è troppo sole, il vento ha spezzato un palo, il decespugliatore, il tagliasiepe, l’irrigazione, l’orto, le semine in serra.
E lui non mi sostiene in niente? No, certo che partecipa. In moltissimi compiti. Ma prima di ognuno c’è la fatidica domanda: “amore, posso fare qualcosa?”. E nella mia testa vorrei solo rispondergli “sì, andare a fanculo”. Perché se i compiti devo organizzarli mentalmente io e poi affidarglieli, allora mi sta solo aiutando, ma non mi alleggerisce. Il mio stress resta lì. Quel che dovrebbe fare è invece assumersi la responsabilità, togliendo a me il peso di alcuni pensieri.
Così un pensiero. Dieci pensieri. Cento pensieri.
E allora fatico a dormire. Prendo il Brintellix. Convivo con l’ansia, che mi convince che c’è sempre un motivo per essere in allerta. Sono intrattabile. Sono gonfio, debole, con ossa doloranti. Sono irascibile. Vorrei quello e poi non mi piace. Sono la pazza di casa.
E quando sono molto, molto stanco, gli chiedo di aiutarmi. Invece lui lavora. Lo dice così, con convinzione, io lavoro!, quasi allibito che io non capisca che lui sta già facendo il massimo. Ha il suo mestiere pagato, che gli occupa l’intero spazio utile di carico mentale.
E allora mi arrabbio. Mi sento solo. Uno straccio logoro. Di aver sbagliato. Di non farcela. Mi sento perso e sopraffatto. E lui si snerva nel vedermi così, si sente inutile, di non riuscire a rendermi felice, di essere maltrattato e ossessionato, e allontanato.
E nelle coppie in cui entrambi sono stipendiati, perché i doveri ricadono comunque su di lei? Be’, perché per la società è ancora umiliante che un uomo svolga compiti “da donna”.
Pensateci. Ci sono centinaia di chef e influencer maschi che preparano piatti sui social. Ma chi commenta? Le donne. Gli uomini cucinano solo per mestiere. A casa, col cazzo che lo fanno.
Non parliamo della vita sessuale. Quante volte fidanzati e mariti si lagnano delle loro donne che non gliela danno più? Sorpresi, poi. Non ci arrivano proprio, che dopo cinquemila cose a cui pensare, ansie e livori, tu a fine giornata non hai tutta ‘sta voglia di fare un pompino all’uomo che ogni giorno ti chiede “che si mangia stasera?”.
No, no. Loro sono come in quei film con Massimo Boldi. Che lui è un cofano spelacchiato coi mutandoni a quadri, ma si aspetta che la modella di turno impazzisca di voglia per lui. Così ti vogliono. Devi fare i servizi, devi lavorare e alla fine devi pure impazzire di carica erotica per loro.
Infine ci sono i viaggi. Lui viaggia per lavoro, sicuramente sarà successo anche a voi. Un’altra merda di situazione che lo convince che, siccome al ritorno è stanco, può pretendere di tornare in un ambiente confortevole. Quindi si aspetta che io sia la Penelope del cazzo, che attende il marito con le mani incrociate al petto, pronta a baciarlo e a stendergli il tappeto. Perché dopotutto lui viaggia e si affatica, io invece resto qui a grattarmi la fessa e a farmi idromassaggi. Non pensa che senza di lui viene meno perfino quel timido aiuto che mi dava.
E concludo. Con pochi ingredienti diluiti nel tempo, una bella coppia moderna torna indietro al secolo scorso. A quando ogni faccenda era un obbligo imposto dall’alto. A quando invece di comunicare si preferiva urlare. A quando si sognava di volare via dalle difficoltà. A quando si chiedeva aiuto troppo tardi. A quando il dolore si manifestava solo con le accuse.
Il carico mentale è uno di quei problemi sociali che esistono anche se li banalizziamo o non affrontiamo. Distrugge le coppie, cancella l’amore, istruisce nuovi figli a replicare comportamenti sbagliati nelle relazioni.
È lì, colpisce molte donne, colpisce ugualmente tanti uomini, a seconda del modello di famiglia che ci ha cresciuti e un po’ condannati al ruolo di chi si accolla il mondo sulle spalle.
Potrei chiuderla con una melassa che restituisca un po’ di buon umore. Con la raccomandazione di dialogare, di esporre con coraggio i propri sentimenti, anche quelli dolorosi. Ma la verità è che potrebbe non bastare. E non è colpa tua, non è colpa sua.
Il patriarcato è dentro tutti noi da tanti secoli. La maggior parte delle persone ci convivono, sapendo che qualcosa di putrido sta rosicchiando le loro vite ma incapaci di riconoscerlo. Altre ne restano schiacciate e annullate. Altre fuggono.
In nessun caso è una sconfitta o una colpa. In nessun caso possiamo immaginare quanta disperazione si nasconda dietro i sorrisi di ogni giorno o a scelte plateali.
Però, quando sentiamo di quella donna che da un giorno all’altro è uscita pazza e ha mollato tutto, potremmo non giudicarla. Forse si è solo salvata la vita.
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"FINO ALL'ULTIMO UCRAINO!". UN COMMISSARIO MILITARE UCRAINO: SU 100 ARRUOLATI NE SONO RIMASTI VIVI 10-20
Un commissario militare ucraino ha accidentalmente riconosciuto la gravità delle perdite ucraine. Secondo lui, l'80-90% di coloro che sono stati arruolati lo scorso autunno nel suo distretto sono "morti e feriti".
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Nella foto: la strana coppia
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C'è questa mia amica, I. , che è da sempre strana. Cioè molto rigida, fatica ad avere confronti con opinioni diverse dalle sue e tende davvero facilmente a giudicare.
Nemmeno un anno fa, periodo mio compleanno, io fidanzata da poco ecc...lei super gelosa del rapporto che ho con E. (Amica che ha conosciuto prima lei! E gelosa di me, cioè le dava fastidio che E. Fosse cosi presente nella mia vita). Con tanto di mezze scenate di gelosia...
Vabbè tutto ok fino a che succede una stronzata con un gruppo di amiche (balza una banalissima cena all'ultimo) e lei cambia proprio atteggiamento
Con me tipo sparisce - ok nemmeno io l'ho troppo cercata ma dopo lo switch strano le avevo chiesto se fosse tutto ok e lei mi aveva rifilato delle scuse assurde..
Vabbe a settembre muore mio zio e lei mezzo si scioglie diventando vagamente piu umana
Continuiamo praticamente a non sentirci poi le scrivo io per una cagata e lei mi dice che si è fidanzata ecc le propongo di vederci e mi risponde con reazione cuoricino
Organizza cena per presentare il fidanzato a una nostra amica (spoiler: quella di cui era gelosa che invece questa estate è diventata bff - evito di raccontarvi la falsità della cosa) in vista della festa di compleanno di questa a cui sono invitati anche i +1
Invita anche me a questa cena (e ancora adesso non capisco perché, mi ero illusa in un ri avvicinamento ma non pare)
Serata va bene, le scrivo per dirle che mi sembrano una bella coppia e sono felice per lei e risponde subitissimo per indagare anche la mia relazione.
Le scrivo che sarebbe carino vederci io e lei e aggiornarci e sparisce di nuovo
Raga io sono piena, ma piena davvero. Perché di passi ho provato a farne(qui ovviamente non ho messo tutto già è un papiro cosi..) però ho provato a capire se fosse successo qualcosa, mi sono scusata per la mia latitanza dovuta a specialità più lavoro ecc, ho provato almeno due volte a chiederle di vederci...sono un po' atterrita e onesta, anche delusa
Siamo molto diverse, vero, e probabilmente destinate ad allontanarci sempre di piu, ma siamo amiche da tanto e più che altro questo atteggiamento falso (perché è falso far finta di nulla e poi non rispondere) io non lo capisco capisco e anzi mi irrita perché chiunque mi conosca sa che io apprezzo la trasparenza SEMPRE
Sta di fatto che da ieri ho sto pensiero e mi da fastidio ma ammetto di non avere nemmeno voglia di rincorrerla ancora io perché mi sembea eccessivo
Mi verrebbe solo da provocarla la prossima volta che ci vediamo.
La vedo davvero inacidita e incattivita e io non so cosa possa aver fatto per arrivare a questo ma poi è sta facciata falsa falsissima con cui si comporta che mi manda in tilt
Sta di fatto che vorrei non me ne importasse ma il mio cazzo di problema è la cosa di voler piacere a tutti, e sono davvero stupida perché so che dovrei sbattermene e dare tempo ed energia a persone a me affini ecc ma mi irrita comunque
Se siete arrivati a leggere fino a qui allora grazie per aver partecipato al mio Ted Talk "lamenti inutili e flussi di coscienza"
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Secondo sondaggino
Il secondo sondaggio (Da rispondere in chat) è:
La vostra fantasia più ''strana''. Anzi che a voi sembra strana perchè magari agli altri è normale.
Iniziamo noi a lui eccita le dita della ragazza bagnate dei suoi umori con i filamentini fra le dita, e eccita la ragazza sul water.
Mentre a me eccita la pancia piena di spe*ma,o sulle mani, o anche sulla barba, e eccita il pisello floscio,cioè amo anche il duro,ma floscio è più tenero da vedere,poi diciamocelo inviate solo foto a cazzo duro e mai a riposo.
Ad entrambi eccita l'esperienza omosessuale da fare in coppia.
Voi la vostra fantasia ''strana'' preferita? o la vostra fantasia anche non strna preferita? raccontateci.
Ah le foto sia per lei che per lui sono ben accette in chat private delle nostre fantasie.
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L’unico e solo
Non mi interessa cosa dicono o pensano gli altri. Per me, l’unico e solo agente 007 cinematografico è Roger Moore. Ho cominciato ad amare questo attore dopo avere visto la serie televisiva Attenti a quei due, realizzata in una sola stagione di 24 episodi. Era basata sulla strana coppia di “agenti segreti” (uso le virgolette perché non ho ancora capito adesso cosa facessero), formata da un elegante britannico (appunto Rober Moore) e da uno sguaiato americano (Tony Curtis). Da allora, lui è uno dei miei attori preferiti. Lo trovavo simpatico. E lo vedevo adatto solo a ruoli positivi. A dire il vero non ricordo abbia mai fatto il cattivo. Ma potrei essermi perso qualcosa. Mi capita spesso.
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Era la vigilia del solstizio d’inverno, e nel Bosco Incantato la neve ammantava ogni cosa nel suo silenzioso candore. Nell’aria gelida del mattino, la nebbia che era salita dal ruscello d’argento e si era posata sulle foglie, sui rami spogli e sugli abeti dagli aghi smeraldini, si era ghiacciata, e ora tanti piccolissimi cristalli bianchi, che parevano trine fatate, rivestivano il bosco, come a prepararlo ad una grande festa.Durante i freddi pomeriggi invernali, il sole tramontava molto presto e tutti gli animali si affrettavano a rientrare nelle loro tane per accoccolarsi al caldo e sonnecchiare beatamente, ma quella sera una coppia di giovani cervi si era attardata più del solito in una boscaglia solitaria, che si trovava poco distante dal loro rifugio. Lì le conifere crescevano molto fitte, e soprattutto sotto le frasche ghiacciate, spuntavano alcuni mazzetti di erbetta verde, tenera e molto invitante. Così, quando finalmente i due animali tornarono a casa con la pancia piena, le ultime luci del giorno stavano lasciando il passo alle ombre azzurre della sera.Il silenzio che percepirono, però, aveva qualcosa di diverso dal solito… Acuendo l’udito, non riuscivano a sentire lo strofinio del tasso che si muoveva goffamente nella tana, non udivano il respiro lento e cadenzato dei cerbiatti addormentati, e non riuscivano nemmeno a sentire l’urlo ripetuto della civetta o il verso cupo del vecchio gufo.A ben guardare, il bosco era completamente deserto, e tutti gli animali sembravano spariti…I giovani cervi si guardavano intorno smarriti, chiedendosi dove fossero finiti tutti quanti, e ad un tratto uno dei due, abbassando lo sguardo, vide che sulla neve erano impresse tante piccole impronte rivolte tutte nella stessa direzione, verso il cuore del Bosco Incantato…Gli animali decisero senza esitare di incamminarsi per quel percorso fatto di mille orme diverse, curiosi di sapere dove portasse, e passo dopo passo notarono che le tracce nella neve si facevano sempre più numerose, come se molti altri animali, che abitavano nelle radure e nei boschi vicini, si fossero uniti al corteo verso quella misteriosa destinazione.Poco a poco i cervi iniziarono a udire un flebile e lontano tintinnare, come una musica dolcissima scandita dalle note cristalline di tanti piccoli campanellini, e improvvisamente, oltre l’intrico dei rami spogli, videro apparire una grande stella luminosa, che brillava fulgida e sembrava li chiamasse…I cervi presero a seguirla con una strana gioia nel cuore, sicuri che qualcosa di magico sarebbe accaduto di lì a poco, e finalmente giunsero ad una alta siepe di agrifoglio dalle bacche scarlatte. Con due grandi balzi la oltrepassarono, e allora non poterono credere ai loro occhi…Al centro di una candida radura innevata, sulla quale i raggi di luna si rifrangevano in riverberi argentati, sorgeva un grandissimo abete, tanto alto da toccare il cielo, e migliaia di lucine colorate, vive e danzanti, adornavano i suoi rami rigogliosi...In cima all’abete brillava una meravigliosa stella di ghiaccio, e la sua luce illuminava di bianco e azzurro il bosco circostante.Tutti gli animali erano raccolti intorno al grande albero, e osservavano con gli occhietti lucidi la meravigliosa danza delle lucine colorate, che si muovevano fra gli aghi verdi e tintinnavano la loro dolce musica.Anche i cervi si avvicinarono e si unirono agli altri animali, grandi e piccoli, nell’esprimere l’incanto e la gioia che quella visione suscitava nel loro cuore.Ma l’antica magia del solstizio d’inverno non era finita… fra tutte le lucine che adornavano l’abete, quelle bianche scesero in una lenta processione fatata ad illuminare la base del tronco possente, e allora gli animali si accorsero che era piena dei Doni del Bosco. C’erano cumuli di noci, di nocciole e mandorle dolci, cesti pieni di frutta secca, verdure prelibate, biscotti e dolcetti deliziosi…L’entusiasmo era alle stelle e ogni animaletto mangiò a sazietà, mettendo da parte i cibi che più gli piacevano per poi portarli nella tana e nutrirsene fino all’arrivo della primavera.La notte trascorse animata dalla gioia e dall’armonia, e la festa del bosco durò fino alle prime luci dell’alba… Allora le lucine che illuminavano l’abete lasciarono i suoi rami e si sparsero fra gli alberi e le radure circostanti, e gli animali, compresi i due giovani cervi, tornarono ognuno nella propria casa, portando con sé i Doni ricevuti alla Festa del Solstizio d’Inverno.Ma la meravigliosa stella di ghiaccio brilla ancora adesso nel cuore del Bosco Incantato, per guidare verso la Magia coloro che riusciranno a scorgerla, e a seguirla…
by Violet
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It was the eve of the winter solstice, and in the Enchanted Wood the snow cloaked everything in its silent whiteness. In the freezing morning air, the mist that had risen from the silver stream and settled on the leaves, bare branches and emerald-needled fir trees had frozen, and now many tiny white crystals, which looked like fairy lace, they covered the wood, as if to prepare it for a big party.During the cold winter afternoons, the sun set very early and all the animals hurried back to their dens to snuggle up in the warmth and doze off blissfully, but that evening a couple of young deer had lingered longer than usual in a lonely bush, which it was not far from their refuge. There the conifers grew very thick, and above all under the frozen branches, a few small bunches of tender and very inviting green grass sprouted. So, when the two animals finally returned home with full bellies, the last light of the day was giving way to the blue shadows of the evening.The silence they perceived, however, had something different from usual… As they sharpened their ears, they could not hear the scrubbing of the badger moving awkwardly in its den, they could not hear the slow, rhythmic breathing of the sleeping fawns, and they could not even hear the repeated hoot of the owl or the gloomy call of the old owl.Upon closer inspection, the forest was completely deserted, and all the animals seemed to have disappeared…The young deer looked around bewildered, wondering where they had all gone, and suddenly one of the two, lowering his gaze, saw that many small footprints were imprinted on the snow all facing in the same direction, towards the heart of the Enchanted Forest...The animals decided without hesitation to walk along that path made up of a thousand different footprints, curious to know where it led, and step by step they noticed that the tracks in the snow became more and more numerous, as if many other animals that lived in the clearings and nearby woods, had joined the procession towards that mysterious destination.Little by little the deer began to hear a faint and distant tinkling, like a very sweet music punctuated by the crystalline notes of many small bells, and suddenly, beyond the tangle of bare branches, they saw a large bright star appear, which shone brightly and seemed call them…The deer followed her with a strange joy in their hearts, sure that something magical was about to happen shortly, and at last they came to a tall hedge of holly with scarlet berries. With two great leaps they passed it, and then they could not believe their eyes…In the center of a candid snowy clearing, on which the moonbeams were refracted in silvery reflections, stood a huge fir tree, so tall as to touch the sky, and thousands of colored lights, alive and dancing, adorned its luxuriant branches...At the top of the fir tree shone a wonderful ice star, and its light illuminated the surrounding forest in white and blue.All the animals were gathered around the big tree, and watched with shining eyes the wonderful dance of the colored lights, which moved among the green needles and tinkled their sweet music.Even the deer approached and joined the other animals, large and small, in expressing the enchantment and joy that vision aroused in their hearts.But the ancient magic of the winter solstice wasn't finished... among all the lights that adorned the fir tree, the white ones descended in a slow fairy procession to illuminate the base of the mighty trunk, and then the animals realized that it was full of Gifts of the Woods. There were heaps of walnuts, hazelnuts and sweet almonds, baskets full of dried fruit, delicious vegetables, biscuits and delicious sweets…Enthusiasm was skyrocketing and each little animal ate its fill, putting aside the foods they liked best and then taking them to the den and feeding on them until spring arrived.The night passed enlivened by joy and harmony, and the celebration in the woods lasted until the first light of dawn… Then the little lights that illuminated the fir tree left their branches and scattered among the surrounding trees and clearings, and the animals, including the two young deer, each returned to their homes, bringing with them the Gifts received at the Winter Solstice Festival.But the wonderful ice star still shines now in the heart of the Enchanted Forest, to guide those who will be able to see it and follow it towards Magic...
by Violet
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